venerdì 15 febbraio 2008

Un mare da mare? ...... Un mare da amare? ...... Senza parole!!!

(1° report dalla spiaggia di Pescara)

Questi esempi sono solo parte di ciò che è diffusamente presente a Pescara sulla nostra bella"area protetta"
(ma da chi?)












Stabilimenti balneari o baraccopoli?
Ma quale
"compatibilità ambientale" è questa?






























Stabilimenti balneari o siti di stoccaggio?
Non è inquinamento ambientale questo?











Questa a destra era l'ultima duna rimasta!!












Stabilimenti balneari o country club?
A chi sarebbe mai permesso ricreare un'angolo di mare in un'area verde protetta?

2 commenti:

iolanda ha detto...

a commento oserei citare:
Così tra questa infinità s'annega il pensier mio. E il naufragar m'è dolce in questo mare.
Ma non è una SIEPE che da tanta parte de l'ultimo orizzonte il guardo esclude.
a presto la corsara

cortomaltese ha detto...

Quando penso al mio mare, e quando lo vedo e lo sfioro, quando da lontano mi attrae e poi vicino mi rifiuta, ripenso ad una trasmissione Rai, dove il reporter chiedeva ad un camorrista “ ma se distruggi tutto quello che ti sta attorno che senso ha costruirti una villa Holliwoodiana con piscina?” e lui “ quando la merda mi circonderà e supererà il recinto della mia villa andrò in un altro posto.
E così via .
E così si è fatto con il mio mare. Hanno cominciato costruendo sul demanio, sulla spiaggia, linea criminalmente indefinita, poi hanno dovuto proteggere le case e quindi hanno messo gli scogli e si incazzavano quando il mare sgattaiolando tra le pietre finte portate dalla montagna, penetrava e si rimangiava un po’ di quella sabbia che era il suo cibo naturale da sempre.
E cambiò colore, cambiò fondale, scomparsero le telline e perfino i granchi, fecero gli stabilimenti, dappertutto, continuativamente. E questi si recintarono, si arroccarono e si difesero dalla naturalità del mare. Perché, per assurdo oggi tutto quello che è naturale, spontaneo, giocoso e ludico sembra dare fastidio a chi governa oggi il mare. Ed anche i meschini che ci vanno inquadrati ed ordinati, anestetizzati dalla colonna sonora di una radio privata frastornante, tutto il giorno, orgogliosi dell’ombra del proprio ombrellone affittato, ma che già sta nello spazio del vicino, soddisfatti ed ebeti dicono: sono stato al mare!
E quelli che vogliono più spazio vanno a sharm o malindi, che intanto diventano spiagge “riminesi”, con grande spregio dei locali verso gli italiani invasori e colonizzatori.
Che tristezza, ma non voglio fare il vecchietto nostalgico e grillo parlante, ma vi prego fatemi raccontare una mia giornata tipo inizio anni settanta:
incomincio la sera, dopo aver riunito tutta la spiaggia nella festa della sciabica ed aver pescato 4 alicette, sono le sette e silvio o rocco mi chiamano per andare a mettere la rete con un affare di tre metri e cinque cavalli di motore che quando torniamo alle 9 ci sentiamo degli eroi e poi si va a cena nel giardino in mezzo agli attrezzi del mare e poi ci si ritrova fuori in spiaggia e si va al mambo bar a giocare a carte e si progetta un bagno di notte, ma qualcuno è già sotto una barca rovesciata, in compagnia s’intende, e vino e fuoco,c’è chi gioca a palla a riva ecc.
Ma sono le tre ed alle cinque bisogna ripartire a salpare la rete e mi metto a dormire all’ingresso sul divano pieno di sabbia e ne aggiungo di nuova, ma sento bussare alla finestra e si rivà in mare, freddo, triste, severo. Nella rete non c’e quasi niente, ma si torna e bisogna comunque pulirla ed il sole già caldo mi permette di stendermi a riva in trenta cm d’acqua limpida e ferma, perché prevale ancora il vento di terra e finalmente mi sveglio e penso veramente allora che il mare è come il liquido amniotico.
Ed uscire in barchetta partendo dalla riva, dovendo bagnarti per forza ed affrontare quelle 3 o 4 onde che misurano la tua perizia e poi tornare, approdare strusciando la chiglia sulla sabbia ed immaginare chissà quali misteri, distanze e pericoli ci si è lasciati alle spalle.
E poi c’è sempre da fare, giocare, gustare, respirare, studiare, lavorare, riparare, riposare
Sono il padrone di me stesso.
E l’acqua limpida e amica è lì, ed allora mi sembrava che il tempo si fosse fermato e che nulla potesse modificare l’armonia di un posto ancora defilato e non appariscente e non ancora appetito, come era allora la spiaggia.
Intanto oggi, che è difficile rimanere sorpresi, rimango di pietra davanti ad una foto, esposta alla “Tate Modern”, nell’ambito di una mostra sulle metropoli. E’ San Paolo del Brasile, è un mega condominio che su ogni piano del fabbricato, ogni appartamento ha una grande piscina sul terrazzo lussureggiante, ma il palazzo, incredibile, è circondato completamente, alla sua base, da una baraccopoli- favelas misera e maledetta che si estende a perdita d’occhio. Ho avuto sempre la curiosità di cercare di immaginare che cos’è la follia, ma proprio con la stessa disperazione con cui si cerca di capire cos’è la morte, ebbene davanti a quella foto forse mi sono avvicinato alla consapevolezza della pazzia. E così incomincio a vedere il mio mare, rubato e stuprato, vi odio non so chi , ma vi odio, stupidi imbecilli, che avete preso la mia giovinezza insieme al mio mare e quando qualcuno mi chiede “andiamo al mare?” oggi rispondo “scusa ma ho un po’ di mal di testa”.
Corto Maltese febbraio 2008 – 1 segue